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Parole ancora mie

Da qualche giorno, parallelamente al lavoro su “Il vicino di casa”, sono impegnato nel restyling dei romanzi che ho scritto negli anni scorsi. La spinta decisiva me l’ha data proprio l’attività su “Il vicino di casa”: quando uscirà vorrei che, per quanto riguarda i suoi fratelli maggiori, fosse tutto in ordine.

Curare l’aspetto grafico sia interno che esterno, elaborare la copertina e far combaciare ogni dettaglio è un compito che mi appassiona, ma che richiede anche molto di tempo. Tornando indietro, probabilmente ricorrerei fin da subito a professionisti del settore come Passione Scrittore: il risultato sarebbe sicuramente meno amatoriale e in più avrei maggior tempo a disposizione per dedicarmi a ciò che amo veramente: scrivere.

I miei lavori precedenti comprendono una trilogia fantasy e due romanzi gialli/thriller. La trilogia fantasy è arricchita da una ventina di stampe, realizzate da mia madre appositamente per i libri (io le ricambio il favore scrivendo le presentazioni delle sue mostre…). Mettere mano a questi romanzi è stato come fare un tuffo nel passato: parliamo di parole scritte più di dieci anni fa. Stavo per usare l’aggettivo “vecchie”, ma quando le ho rilette per l’impaginazione e una correzione “volante”, ho sentito che quei dieci anni non contavano niente. Una sensazione proustiana: quelle parole erano così mie, così ancora mie, che avrei potuto averle scritte ieri.

A me è successo con le parole, ma succede con tutto, con gli oggetti, con i luoghi, con le persone: crei un legame speciale attraverso il quale lasci un pezzetto di te e in cambio hai un ricordo che può essere allegro o triste, felice o doloroso, ma che in ogni caso è prezioso e indelebile.

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